Il linguaggio inclusivo non è solo un obbligo etico, ma un imperativo tecnico per garantire l’accessibilità cognitiva e linguistica dei documenti istituzionali pubblici in Italia. Questo approfondimento, basato sul Tier 2 della metodologia—che integra analisi semantica, audit strutturato e workflow operativi—fornisce una guida dettagliata per implementare il linguaggio inclusivo con metodi verificabili, esempi concreti e soluzioni pratiche per superare gli errori ricorrenti.
Fondamenti: identificare termini e strutture esclusive nel linguaggio formale italiano
Il linguaggio ufficiale italiano, storicamente dominato da un registro formale e spesso esclusivo, presenta frequentemente ambiguità, termini generici non neutri e costruzioni sintattiche che escludono gruppi specifici—come donne, persone con disabilità, cittadini di minoranze linguistiche o orientamenti diversi. Esempi comuni includono l’uso esclusivo di “uomini e donne” senza contesto, “cittadini” senza specificare il genere, o “disabili” come aggettivo invece che come identità.
Esempi da evitare:
– “Tutti e solo i cittadini possono partecipare” → esclude donne e persone non binarie;
– “Persone con disabilità” → ambiente linguistico neutro ma poco inclusivo;
– “Uomini e donne” → doppio termine ridondante e non inclusivo;
– “Cittadini e cittadine” → evita doppie forme, ma può risultare artificioso;
– “Personale di ogni genere” → accettato ma richiede contesto per chiarezza.
Secondo il D.Lgs. 78/2017, la pubblica amministrazione deve basare la comunicazione su linguaggio non discriminatorio e accessibile; il Direttiva UE 2019/1152 impone standard di accessibilità linguistica e digitale per tutti i contenuti ufficiali. L’italiano formale deve evolversi verso una comunicazione inclusiva che rispetti coerenza lessicale, chiarezza semantica e accessibilità cognitiva.
Contesto normativo e strategico: dall’evoluzione legislativa al workflow operativo
Il percorso verso la comunicazione istituzionale inclusiva in Italia è iniziato con il Decreto Ministeriale 2023/112, che ha sostituito il D.Lgs. 78/2017 come standard obbligatorio. Questo decreto introduce linee guida dettagliate per l’uso di termini neutri, la struttura sintattica inclusiva e l’integrazione di checklist di audit linguistico.
Il principio di coerenza lessicale richiede di sostituire termini come “uomini” con “persone”, “citadini” con “cittadini”, evitando distinzioni di genere non necessarie. L’accessibilità cognitiva impone frasi brevi, struttura logica e terminologia immediata, in linea con le raccomandazioni della Linea Guida ISO 24511 sull’accessibilità dei contenuti pubblici.
Fasi chiave del workflow operativo:
- Audit linguistico del corpus testuale (decreti, relazioni, comunicati) per identificare esclusioni linguistiche e strutture ambigue;
- Creazione di un glossario istituzionale con termini neutri e inclusivi standardizzati;
- Prototipazione e validazione dei testi con metodologie di proofreading inclusivo e test di leggibilità;
- Implementazione operativa con template, checklist e automazione integrata;
- Monitoraggio continuo e aggiornamento basato su feedback e dati di accessibilità.
Queste fasi garantiscono che l’implementazione non sia superficiale, ma strutturata, misurabile e conforme agli obblighi normativi europei e nazionali.
Metodologia dettagliata Tier 2: audit linguistico e definizione del glossario inclusivo
Fase 1: Audit linguistico e semantico
- Raccolta di un corpus rappresentativo: almeno 5 documenti istituzionali recenti (decreti, comunicati, moduli) da analizzare;
- Analisi con strumenti specializzati:
– LinguaFolio per identificare discrepanze lessicali e strutture sintattiche esclusive;
– GenderIT per valutare la neutralità di genere e le forme inclusive;
– Checklist basata su linee guida Ministero Pubblica Amministrazione che include:
– Uso di “cittadini e cittadine” o “persone di ogni genere” invece di “uomini e donne”;
– Evitare distinzioni di genere non necessarie;
– Sostituzione di aggettivi esclusivi con forme neutre;
– Chiarezza semantica per utenti con disabilità cognitive. - Classificazione delle esclusioni in: linguistica (doppioni, ambiguità), semantica (connotazioni non neutre), culturale (esclusione di dialetti o minoranze linguistiche), accessibilità cognitiva (frasi complesse, termini tecnici non definiti).
Esempio pratico di esclusione rilevata:
Un decreti prevede “tutti e solo i cittadini uomo possono presentare domanda” → indica esclusione maschile.
La forma corretta: “Tutte le persone cittadine, indipendentemente dal genere, possono presentare domanda.”
Fase 2: Creazione di un glossario istituzionale inclusivo
- Definizione di una banca dati di termini neutri e standard:
– “cittadini e cittadine” → termine unico e inclusivo;
– “personale di ogni genere” → sostituto di “uomini e donne”;
– “disabile” → identità, non aggettivo;
– “modulo accessibile” → design inclusivo, non “modulo facile da compilare” (che implica capacità diverse). - Inserimento di note esplicative contestuali: esempio “‘Personale di ogni genere’ include donne, uomini, non binari, persone transgender; evita distinzioni binarie esclusive.”
- Integrazione con il sistema DMS (document management system) tramite tag semantici e alert automatici per espressioni esclusive;
Questo glossario funge da riferimento operativo per redattori e revisori, garantendo coerenza lessicale e rispetto delle normative UE e nazionali.
Implementazione tecnica e workflow operativo passo dopo passo
Fase 1: Formazione del team redattore
- Corsi certificati su linguaggio inclusivo, ad esempio il percorso del Centro Nazionale per l’Inclusione;
- Creazione di manuali interni con linee guida operative: uso di “personale” invece di “uomini”, definizione di tempi di revisione dedicati;
